Parliamo di “Forse tutto, forse niente” con Sabrina Palumbo

“Forse questo era davvero l’unico modo per uscire dalla tempesta come un uragano: trasformare il mio dolore in qualcosa di meraviglioso.”

Si può sopravvivere incolumi alla peggiore delle perdite? Si può scegliere di cambiare la propria vita quando il nostro futuro sembra ormai scritto e determinato? Forse tutto, forse niente è la storia di una morte e di una rinascita, un racconto intimo e toccante di come la sofferenza possa tramutarsi in forza e infonderci il coraggio necessario per cambiare rotta e diventare padroni del nostro destino.

1. Perché hai deciso di scrivere questo libro?

Il mio libro nasce in maniera del tutto inaspettata durante il lockdown. Mi sono avvicinata alla scrittura come auto-terapia, per far fronte a quel terribile periodo in cui la mia vita sembrava andare a rotoli, perché mi stavo togliendo tanto, forse tutto, a cominciare dal mio lavoro e dalla mia libertà. Chiusa tra le mura domestiche, a un certo punto ho iniziato a perdere anche me un po’ me stessa. Per ritrovarmi, ho cominciato a fare il bilancio della mia vita e soprattutto a guardarmi dentro, perché sentivo l’esigenza di capire la persona che ero diventata alla soglia dei miei 40 anni. Sono inevitabilmente partita dalle origini, da quando ero una bambina e la morte si era mostrata ai miei occhi in tutta la sua tragicità portandomi via mia madre. Ho iniziato dunque a sbirciare all’interno di quel cassetto in cui avevo chiuso volontariamente gran parte dei ricordi dolorosi legati alla mia infanzia; così facendo tuttavia ne ho scoperti altri, decisamente più piacevoli, che ho iniziato d’istinto a mettere su carta. Scrivere mi faceva stare bene, anche perché dava un senso alle mie giornate di prigionia.
Poi improvvisamente il presente mi ha travolta, togliendomi anche mia nonna, la persona che da sempre aveva sostituito nella mia vita la figura di mia madre. Mi sono trovata a rivivere il più grande dei dolori per la seconda volta e a quel punto è iniziata la vera resa dei conti col mio passato, con quella battaglia che avevo sempre rimandato nel corso degli anni. Quel cassetto si è completamente rovesciato ai miei piedi, mostrandosi in tutta la sua tragicità e costringendomi a rimettere insieme i pezzi della mia vita, al fine di poter ricostruire anche il presente che mi stava annientando. Ad accentuare ulteriormente la mia sofferenza è stata anche una strana, assurda coincidenza che, se inizialmente mi ha distrutto, poi mi ha dato la vera ispirazione per la mia opera. Ho capito che la mia vita meritava di essere raccontata nel bene e nel male, e non solo per quella ennesima coincidenza con cui la vita sembrava parlarmi, ma per tutta una serie di buoni motivi…
A cominciare dal fatto che forse potevo finalmente trasformare il mio dolore in qualcosa di meraviglioso e poi ripartire da lì per ricostruire il mio presente e soprattutto il mio futuro. Non mi importava se per farlo avrei dovuto mettermi a nudo, mostrandomi al mondo per quella che ero, forte ma allo stesso tempo estremamente fragile; forse quella stessa fragilità, di cui mi ero sempre vergognata, era in realtà il mio punto di forza, perché lasciandomi andare ad essa stavo dando vita a qualcosa di bello e di cui io ero già fiera, a prescindere dal riscontro che avrei potuto avere nel mondo dell’editoria. Tra le altre cose poi ho visto in questo libro la possibilità di rendere ancora più indelebile di quanto non fosse già la memoria di mia madre. Non sarebbe stato solo il mio riscatto esistenziale, ma anche e soprattutto il suo!

2. Qual è il ricordo più bello con tua madre?
Quando perdi una persona così importante della tua vita, tutti i momenti vissuti insieme diventano speciali, nonché indelebili nella tua memoria, anche i più banali, come può essere abbracciare una madre mentre fa i suoi bisogni in bagno. E’ proprio la scena con cui si apre il mio libro, in cui io mi fiondo tra le sue braccia in preda alla gioia visto che avrei passato tutta la mattina da sola in casa con lei, senza dover dividere il suo affetto con le mie sorelle, che invece erano a scuola. Questo è anche il ricordo con cui ha inizio il mio viaggio a ritroso nel tempo, quello che più di tutti gli altri ha iniziato a parlarmi con insistenza durante le mie notti insonni, spingendomi verso questa nuova incredibile esperienza di “scrittrice”. E’ stata poi una reazione a catena, perché questo ricordo ne ha generati tanti altri, uno più bello e tenero dell’altro, che mi hanno portato alla riscoperta di mia madre, del rapporto speciale che ci univa e di quel periodo in cui anche la mia infanzia era stata felice, come succede per la maggior parte dei bambini. Lei era tutto per me: era la mia più grande fonte d’amore e d’ispirazione, il mio maggior sostegno quando si trattava di scoprire ed inseguire i miei sogni, come quello della danza. Io amavo danzare, ma mai quanto lei amasse vedermi danzare.

3. Come è cambiata la tua prospettiva sul mondo, dopo aver incontrato il dolore della perdita?
Credo che l’accettazione di un lutto, di qualsiasi entità esso sia, non sia facile per nessuno, a maggior ragione per una bambina di 11 anni. A quell’età è stato praticamente impossibile per me capire cosa avrebbe prodotto quella perdita nella mia vita. Ho iniziato a farlo solo successivamente, col passare degli anni, del mio divenire donna e soprattutto madre. Ciò che ho percepito fin da subito è che, dopo la morte di mia madre, la mia vita è iniziata inesorabilmente a cambiare: sono stata catapultata fuori dalla mia infanzia, prima di ogni previsione, contro la mia volontà e senza che nessuno mi avesse chiesto il permesso. Questo ha prodotto in me un profondo senso di rabbia nei confronti della vita; dentro quella stessa rabbia ho iniziato a celare il mio dolore, finendolo per rinnegare pur di proteggermi da esso. Ho preferito rifugiarmi nel silenzio e dietro una dura corazza, che ha finito per rendermi forte agli occhi di tutti, perfino ai miei. Insieme alla rabbia, ho maturato anche un forte senso di ribellione, che mi ha portato costantemente alla fuga: dalla mia famiglia, dall’amore, dai miei studi, dalla mia terra e in un certo senso da me stessa, perché inconsciamente ciò da cui fuggivo davvero era quel dolore, da quel senso di vuoto che continuavo a rinnegare, senza capire che ormai era parte integrante del mio essere. Nella fuga vedevo la mia unica possibilità di rinascita, perché potevo liberarmi dal passato, crearmi quel lieto fine che mi spettava di diritto, dove probabilmente avrei trovato anche io la felicità, proprio come le principesse delle mie fiabe preferite.

4. Il rapporto con il cibo e il tuo corpo è stato abbastanza complicato. Quando sono cambiate le cose?
La ricerca di questo riscatto esistenziale mi ha portato a cercare costantemente la perfezione nella mia vita così imperfetta, a cominciare dal mio aspetto fisico. Fin dall’età adolescenziale ho iniziato a pretendere molto dal mio corpo, forse perché non riuscivo ad accettare che, crescendo, anche quel corpo non sarebbe stato mai più quello di una ballerina, ma soprattutto di una bambina felice. Forse volevo preservare ciò che più di ogni cosa mi teneva legata al periodo in cui c’era ancora mia madre nella mia vita. A differenza di ciò che stava avvenendo nel mio animo, percepivo chiaramente quei cambiamenti estetici e ho iniziato a contrastarli il più possibile allontanandomi dal cibo che, a miei occhi, era la causa principale delle mie forme “sbagliate”. Il cibo è diventato a poco a poco un nemico, ma il fatto che io riuscissi a dominarlo mi faceva sentire ulteriormente forte, invincibile. Quando poi mi sono accorta che in realtà era lui a possedermi, era già troppo tardi: ero già entrata in quel vortice che ti porta verso la strada del non ritorno. Poi un giorno, lungo quel percorso fatto di solitudine, turbamento e frustrazione, sono riuscita a guardarmi intorno e a trovare qualcosa, o meglio qualcuno di importante, che mi ha portato ad apprezzare nuovamente la mia vita, nonostante la sua eterna imperfezione. Io stessa sentivo di non dover essere perfetta a tutti i costi per amarmi e per essere amata.
Nonostante questa consapevolezza, nel corso degli anni ho comunque sempre continuato a prendermi cura del mio corpo, ma in maniera diversa, sana e in virtù del bene che mi volevo. Ho così scoperto come l’attività fisica e una buona alimentazione possano renderci attraenti come non mai e non soltanto nell’aspetto fisico, perché i loro benefici si manifestano anche e soprattutto dentro di noi.

5. Com’è cambiato il tuo rapporto con i viaggi?
Il mio rapporto con i viaggi è cambiato nel momento in cui ho smesso di fuggire da me stessa e dal mio passato, quando ho capito che non bisogna fuggire chissà dove per sconfiggere i propri mali e per essere felici. Questo processo è iniziato inconsciamente dentro di me quando ho trovato la mia dimensione, vale a dire un posto nel mondo in cui mi sono sentita per la prima volta a casa. Ai miei occhi il tutto si è palesato nel momento in cui è nato mio figlio, il quale venendo al mondo, mi ha restituito gran parte delle certezze perse e mi ha completata, perché è riuscito a riempire quel vuoto costante nella mia vita, ricostruendo quella parte del mio cuore che la morte di mia madre aveva fatto a pezzi. Lui mi ha fatto mettere radici nel mondo, placando ogni mio desiderio di fuga. Viaggiare resta e resterà comunque la mia passione più grande, con la differenza che ora nella mia valigia avrò sempre un biglietto di ritorno verso casa. Viaggio per sentirmi viva e per rendere la mia vita ancora più bella e intensa di quanto non sia già; voglio continuare a meravigliarmi di fronte alla bellezza di ciò che ci circonda, ma soprattutto ad emozionarmi dal finestrino di un aereo guardando il sole che non smetterà mai di splendere sopra le nubi! Inoltre ogni viaggio che faccio mi porta verso una nuova scoperta, non solo del mondo, ma anche di me stessa. Da questo punto di vista, questo libro può essere considerato il più avvincente e significativo di tutti i miei viaggi, perché mi ha portato verso una nuova consapevolezza della donna che sono diventata e di ciò che voglio fare della mia vita.

6. Quando hai vissuto la riscoperta dei tuoi affetti?
Diventando madre ho capito in maniera definitiva quale possa essere l’intensità di un legame tra una madre e il proprio figlio, perché l’ho vissuto per la prima volta da entrambi le parti. Ho finalmente realizzato ciò che avevo perso tanti anni prima e, cosa ben più importante, ho iniziato a capire cosa non dovesse mai perdere mio figlio. A quel punto ho cominciato per la prima volta ad amarmi, a preservarmi dal dolore, per potermi prendere cura del mio bambino il più a lungo possibile. Questo ha inciso positivamente sul rapporto con me stessa, ma anche su quello con le altre persone che avevo intorno, soprattutto con la mia famiglia. Tuttavia è soltanto con questo libro che sono riuscita a riscoprire i miei cari e a perdonare, oltre che me stessa, anche loro. Solo dando sfogo al mio dolore e liberandomi dalla rabbia che si era impossessata di me, sono riuscita a capire effettivamente cosa loro avessero fatto per me. Ricostruendo la nostra storia, mi sono immedesimata per la prima volta nel loro dolore: ho percepito chiaramente ciò che quella perdita aveva prodotto anche nelle loro vite e ho compreso che, dietro quelle mancanze per cui li ho sempre condannati, si celava in realtà il loro tentativo di reagire a quel lutto. Forse scrivendo questo libro, io stessa speravo inconsciamente nel loro perdono, perché in fondo avevamo fatto gli stessi errori.

7. Perché dovremmo leggere il tuo libro?
Credo che ognuno di voi dovrebbe, o meglio potrebbe, leggere il mio libro perché parla di vita pura, realmente vissuta e proprio come la vita vera è in grado di farci piangere e ridere allo stesso tempo, di farci emozionare profondamente nonché di darci insegnamenti importanti, alla luce di esperienze spesso dolorose. Pur essendo la mia vita, credo che il lettore possa facilmente riconoscersi in essa, soprattutto chi ha subito un’enorme perdita simile alla mia. In questo caso credo, ma soprattutto spero, che il mio libro possa essere una terapia, come lo è stato per me durante la sua stesura.
E’ comunque un libro adatto a tutti, anche a coloro che hanno avuto una vita relativamente più semplice della mia, perché offre diversi spunti di riflessione, per esempio sul tema della caducità della vita e sul fatto che vale la pena viverla nel migliore dei modi, fin quando ne abbiamo la possibilità. Un altro tema molto ricorrente nel mio libro è quello della libertà, che è il motore costante di tutta la mia vita, come credo lo sia per la maggior parte degli esseri umani. Senza la libertà la nostra esistenza non avrebbe lo stesso sapore e ad insegnarcelo è soprattutto il periodo del lockdown, in cui appunto prende vita il mio libro. In questa parte dell’opera ogni lettore non potrà fare a meno di riconoscersi, perché ormai quello della pandemia è un fattore comune nella vita di tutti noi.
Poi naturalmente ci saranno i miei coetanei, o comunque tutti coloro nati come me negli anni ‘80 e che quindi hanno vissuto gli anni della mia adolescenza. Attraverso le pagine del mio libro, essi potranno fare un vero tuffo nostalgico nel passato e non potranno fare a meno di emozionarsi al ricordo di un luogo, di una canzone, di un film o di quelle che erano le icone della moda di quegli anni (come quei favolosi jeans Levi’s 501 che per anni sono stati il mio un sogno proibito).

Ringraziamo Sabrina Palumbo di averci guidato tra le pagine del suo libro “Forse tutto, forse niente”, edito da Europa Edizioni per la collana Chronos. E per voi, cari lettori: buona lettura!

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